21 Mar 3 vitigni autoctoni toscani da non perdere: 1a puntata con il Barsaglina!
La Toscana che non conoscevo
Nella Toscana del Sangiovese, si nascondono alcune interessanti varietà di vitigni molto antiche recuperate nel tempo da alcuni produttori, e che vale la pena conoscere e approfondire. Ne ho avuto la prova di recente grazie ai vini dell’azienda Mannucci Droandi, che mi ha parlato e fatto conoscere ben 3 varietà autoctone diverse!
Attraverso una mini rubrica che si svolgerà in 3 puntate ve le racconterò, andando a descrivervi anche i vini ottenuti da queste varietà.
Prima però voglio spendere due parole su questa azienda che mi ha permesso di conoscere questa parte di Toscana che non conoscevo!
Mannucci Droandi è una realtà a conduzione biologica che lavora puntando a raccontare il proprio territorio e attraverso i propri vini condividere la sua tipicità e le sue caratteristiche, con particolare attenzione anche alla sua tutela. Attenti alla salvaguardia della biodiversità ambientale, hanno introdotto un vigneto sperimentale dedicato ad alcune varietà antiche locali che rischiavano l’estinzione. Il tutto in collaborazione con l’Unità di Ricerca per la Viticoltura di Arezzo. Un lavoro incominciato già nel 1995, divenuto possibile grazie anche ai viticoltori locali che hanno reso disponibile il proprio patrimonio viticolo nonché le loro conoscenze tecniche.
Tra principali varietà riscoperte e conservate da Mannucci Droandi ve ne sono 3 particolarmente interessanti, che sono le protagoniste di questa mini rubrica!
Oggi comincio a parlavi del primo vitigno, ovvero il BARSAGLINA. Siete pronti a conoscerlo?? Cominciamo!
Barsaglina: descrizione e degustazione
Il vitigno Barsaglina ha un nome che mi piace un sacco! Le sue origini sono ricondotte alla zona di Massa Carrara, dove è attualmente presente anche se in generale non si tratta di una varietà molto diffusa. La sua produzione è costante e vigorosa, e l’uva si presenta abbastanza ricca di zuccheri e fenoli.
Per produrre questo vino, la fermentazione è svolta in tini di acciaio inox attraverso lieviti naturali, e cui segue una lunga macerazione sulle bucce. Successivamente a un ulteriore travaso in tini di cemento, avviene la fermentazione malolattica, attivata dai batteri naturali contenuti nei mosti. L’anno successivo alla vendemmia, durante i primi mesi, il vino viene passato in piccole botti di legno di rovere per 2 anni, per poi completare l’affinamento in bottiglia per 6 mesi.
Degustare questo vino era per me un’esperienza alla cieca perché era la prima volta che assaggiavo il Barsaglina!
Ho apprezzato anzitutto il colore rubino intenso, poi il ventaglio di profumi, fruttati e fragranti, con una discreta complessità e sfumature di bacche selvatiche e lieve tostatura. In bocca è secco, abbastanza tannico e persistente, e ben equilibrato nelle freschezze. Ho inoltre piacevolmente apprezzato di questo Barsaglina il fatto che sia un sorso giovane e fresco, ma che al tempo rivela già una bella struttura e carattere. Probabilmente da consumare entro pochi anni, ma sicuramente un piacevole compagno a tavola. Io l’ho bevuto con delle costine al forno e l’abbinamento era squisito! Quindi lo consiglio con piatti caserecci, ma osando anche a qualcosa di più raffinato come una portata a base di selvaggina.
E dopo il Barsaglina, di quale vitigno autoctono vi parlerò? Continuate a seguirmi e lo scoprirete presto!
Alla prossima
Diritti delle foto: foto di copertina e foto del Barsaglina vitigno copyright azienda Mannucci Droandi